Scenario. Sogni
e paure

Di Eleonora Riva

Sono una platea di circa 20 milioni di persone e con l’emergenza Covid-19 hanno dovuto affrontare nuove sfide e preoccupazioni. I Millennials hanno ripensato il loro modo di lavorare e sono più attenti al risparmio. La Generazione Z teme principalmente le questioni legate al cambiamento climatico, oltre a quelle sociali. Ecco una panoramica di cosa si aspettano le nuove generazioni nel prossimo futuro, come gestiscono il denaro e quali sono le loro abitudini di consumo e sui social

Nativi digitali, attenti alla sostenibilità ambientale e sociale, più propensi al risparmio (meno ai rischi) e con una mentalità completamente diversa rispetto alla generazione precedente dei baby boomers. I comportamenti dei Millennials, i ragazzi nati tra il 1983 e il 1994 che ad oggi rappresentano la gran parte della forza lavoro e la generazione in grado di condizionare maggiormente i trend di consumo globali, sono ormai da anni al centro di indagini e ricerche. A cui si sono aggiunte recentemente quelle sui consumatori di domani, la Generazione Z (nati tra il 1995 e il 2003). La pandemia ha però completamente stravolto i loro piani, aperto nuovi orizzonti e messo questi ragazzi di fronte a nuove preoccupazioni. Amplificando quello che viene definito “malessere demografico strutturale”, che da anni spinge sempre più i giovani a ritardare le tappe della transizione verso la vita adulta, a causa delle difficoltà che incontrano nella realizzazione dei loro progetti di vita.

L’emergenza Covid ha portato i Millennials italiani – una platea di circa 11 milioni di persone – a sentirsi maggiormente preoccupati per le prospettive finanziarie e lavorative. Hanno ripensato il loro modo di lavorare, chiedendo maggiore supporto ai datori di lavoro e puntando sulle modalità ibride. Puntano su una gestione più oculata del patrimonio, con una minore propensione al rischio. E sono più consapevoli di quanto sia importante proteggere, anche con coperture assicurative, la propria salute.
I ragazzi della Generazione Z (circa 9 milioni) hanno acquisito consapevolezza degli effetti negativi che la pandemia continuerà ad avere su di loro nei prossimi anni, in termini di salute mensile, scarsa istruzione e redditi più bassi. Ma ci sono anche risvolti positivi, come un sempre maggior coinvolgimento attivo nelle questioni ambientali e sociali.

Quali sono le nuove aspettative e priorità di queste due generazioni? Quali le principali preoccupazioni emergenti? Cosa si aspettano dal mondo del lavoro? E come gestiscono le loro finanze?

LO SCENARIO ITALIANO

È il ventinovesimo rapporto annuale dell’Istat – pubblicato a luglio 2021 – a scattare una fotografia della situazione del Paese, che nel 2020 ha risentito di tutti gli effetti negativi della pandemia. A livello generale, si registra una riduzione del 2,8% del reddito disponibile delle famiglie (-32 miliardi) e del 19,3% sulla spesa per beni e servizi. Al contempo, però, è raddoppiata (dall’8,1% al 15,8%) la propensione al risparmio.

Andando nel dettaglio, sono i giovani il segmento più colpito. In termini di occupazione, dove più frequentemente si tratta di dipendenti a termine, l’Istat riporta un calo particolarmente marcato nei primi mesi della pandemia. E nonostante il segno positivo dei primi mesi del 2021, rispetto alle altre età lo svantaggio è ancora molto ampio. Tra gennaio e aprile, infatti, si registra un aumento del 2,4% di occupati nella fascia 15-34 anni ma se si guarda a febbraio 2020 la riduzione è del 6,3% (5,1% per i 35-49enni). Con un tasso di occupazione tra i più giovani che si attesta al 39,3%, ancora inferiore ai livelli pre-crisi. E un livello di disoccupazione al 20,1%, in aumento dell’1,9% rispetto a inizio 2021. Quello di inattività, poi, è del 50,8% (+1,6 punti percentuali).

La situazione è poco rosea anche se si prende in esame la formazione. Al 2020 sono 2,1 milioni i giovani under 30 classificati come Neet (Neither in Employment or in Education or Training), cioè non impegnate nello studio o nel lavoro. In totale, quasi uno su quattro (23,3%), con un aumento del 2% rispetto al 2019. Inoltre, solo il 27,8% dei giovani italiani è laureato (40% la media europea), facendo scendere il nostro Paese al penultimo posto della graduatoria dei laureati under 35 in Unione Europea. Un’altra questione critica riguarda l’abbandono degli studi: il 13,1 % dei giovani tra i 18 e i 24 anni ha lasciato la scuola nel 2020, ottenendo al massimo la licenza media.

UN NUOVO MODO DI LAVORARE

La disoccupazione è uno dei tre grandi temi (insieme ad ambiente e salute) che preoccupano i giovani di oggi. A evidenziarlo è la Millennial Survey 2021 di Deloitte, un sondaggio, effettuato nei mesi della seconda ondata della pandemia, che ha coinvolto oltre 23mila intervistati in tutto il mondo (circa 800 in Italia) e che per la prima volta ha incluso anche i ragazzi della Gen Z. Dal quale emerge come siano proprio i giovani italiani ad avere più preoccupazioni per il prossimo futuro. Il 39% dei Millennials del nostro paese, ad esempio, teme la disoccupazione (rispetto al 27% a livello globale) e il dato si attesta al 35% se si prende in esame la Gen Z (contro una media complessiva del 25%). Maggiore, rispetto alla rilevazione dell’anno precedente, il pessimismo in merito alle prospettive economiche del Paese: più del 50% dei ragazzi italiani afferma che l'economia nazionale peggiorerà nel corso dell'anno. E ancora più allarmanti sono le previsioni sulla situazione socio-politica, che andrà a peggiorare secondo il 62% dei Millennial italiani (contro il 41% del campione globale) e il 60% della Gen Z (contro il 40% di quella globale). La ricerca di Deloitte evidenzia anche le nuove prospettive in termini di modalità di lavoro dei giovani e giovanissimi, che si aspettano sempre di più di poter proseguire nel lavoro da remoto o quantomeno con una formula ibrida e flessibile, con lo smart working considerato la nuova normalità. Un quarto dei Millennials e il 22% della Gen Z ha affermato che, dopo la pandemia, vorrebbe lavorare in ufficio “da poco a molto meno spesso”. Anche tornare in ufficio, però, non è un problema, a patto che l’ambiente di lavoro sia sicuro. Un’altra recente indagine, dal titolo “What emplyees expect in 2021” e condotta dall’IBM Institute for Business Value, ha indagato la propensione dei dipendenti a cambiare posto di lavoro. Sono proprio la Generazione Z (33%) e i Millennials (25%) le fasce di età più propense a mettersi in gioco.

GIOVANISSIMI ATTENTI ALLE QUESTIONI AMBIENTALI

Per quanto riguarda l’ambiente sono soprattutto i giovanissimi della Generazione Z ad essere più attenti alle tematiche ambientali e alla questione del cambiamento climatico. Circa il 40% (a livello globale) del campione dell’indagine Millennial Survey 2021 di Deloitte crede che vi saranno più persone impegnate, nel post-pandemia, nelle questioni ambientali ma allo stesso tempo il 60% teme che gli sforzi in termini di climate change messi in campo dalle imprese saranno portati in secondo piano dalle sfide economiche sorte con l’emergenza Covid-19. Minore, invece, la preoccupazione in merito alla questione ambientale da parte dei Millennials.

Anche la ricerca di Ipsos pubblicata in occasione di #ClimateofChange - campagna europea per sviluppare la consapevolezza dei giovani cittadini e cittadine dell’UE sul nesso tra cambiamento climatico e migrazioni – mostra come le nuove generazioni siano maggiormente preoccupate dal cambiamento climatico e dal degrado ambientale. Preoccupazioni che coinvolgono quasi il 50% degli intervistati tra i 15 e i 35 anni mentre la diffusione di malattie infettive non supera il 36%.
Dall’indagine emerge anche una posizione molto netta dei giovani italiani. Più di otto su dieci (81%) ritiene infatti che le nostre abitudini di consumo non siano abbastanza sostenibili se si intende preservare l’ambiente.

Sempre Ipsos, con Istituto Toniolo e Sofidel ha intervistato tra fine maggio e inizio giugno 2021 un campione di circa 3.000 ragazzi tra i 18 e i 34 anni. Dal sondaggio emerge una elevata conoscenza dei giovani in merito ai temi ambientali: due su tre dichiarano di essere informati, infatti, su queste tematiche. Ad avere una conoscenza solida è quasi un intervistato su sei (15,8%), ma si sale a oltre uno su cinque tra i più giovani (21,4%) e quasi a uno su quattro tra i laureati (24,1%).
In termini di consumi, inoltre, circa tre intervistati su quattro sono disposti anche a pagare di più i prodotti “green”: per il 56% se il prezzo non è troppo più alto e per il 17,8% anche con costo molto maggiore.

GESTIONE DEL DENARO

Le nuove generazioni hanno vissuto per lo più vissuto in anni di crisi finanziaria, economica, sociale e, recentemente, anche sanitaria. Dovendo, quindi, far fronte a un contesto di incertezza che li ha portati, sul fronte della gestione del denaro, a risparmiare il più possibile e ad avere una minore propensione al rischio.
Se, da un lato, si parla di generazioni native digitali abituate a utilizzare lo smartphone per qualsiasi acquisto e a gestire tutto con le app dall’altro emerge un basso livello di alfabetizzazione finanziaria. L’Italia, infatti, ha uno dei livelli più bassi in Europa in termini di educazione in ambito finanziario. E proprio in questo campo devono entrare in gioco le banche, promuovendo non solo un’offerta al passo con le nuove esigenze ma anche strumenti per una maggiore formazione dei giovani, a partire dai più piccoli che si trovano a gestire i primi risparmi della paghetta ma anche per aiutare i più grandi a compiere i primi passi nel mondo degli investimenti.

Analizzando le abitudini, la maggioranza dei Millennials, al contrario delle generazioni precedenti, desidera operare online, utilizzare piattaforme e app, ottenere nuovi servizi di consulenza. Pagare cashless, utilizzando solo le carte o gli smartphone, è per loro del tutto naturale vivendo in un mondo dove il digitale la fa da padrone. E proprio sulla scia di queste nuove richieste sono nate Fintech, banche mobile, app per la gestione dei pagamenti, del risparmio e degli investimenti. Proponendo così un’alternativa alla tradizionale banca dove hanno aperto il conto i genitori.

A confermarlo è la ricerca “Il segmento giovani: capacità di risparmio, strumenti di pagamento e prodotti di investimento” della società di consulenza Excellence Consulting, che evidenzia come i ragazzi siano propensi a risparmiare, a patto che possano avere più strumenti di pagamento digitale e app dedicate all’investimento da parte delle banche.
Condotta a inizio 2021 su un panel di 300 giovani tra i 25 e i 34 anni, l’indagine mostra come la maggioranza prediliga i pagamenti digitali, con punte dell’80% al Nord, e la metà risparmi almeno il 30% del proprio reddito. Il 40% ha già investito, e oltre il 70% rappresenta un bacino potenziale di clienti per proposte nei prossimi due anni. Più del 60%, inoltre, vede nell’investimento una fonte per ricavare reddito.

In termini di prodotti bancari, il 51% degli intervistati ha un conto corrente, il 33% ne possiede due, l’8% tre e il 3% un numero maggiore. Solo il 5% ne è sprovvisto.
Il 20% utilizza quasi solo strumenti di pagamento digitali (il 51% preferisce le carte di debito) mentre solo il 4% quasi esclusivamente il contante. Gli strumenti cashless, infatti, sono considerati dalla stragrande maggioranza (87%) come più pratici del contante. Il 37% degli intervistati, però, ammette anche di avere un maggiore controllo sulle spese se paga cash e il 10% non utilizza gli strumenti digitali per paura di incorrere in frodi.
Anche le app per i pagamenti digitali sono sempre più diffuse: il 25% le usa spesso, il 22% sempre ma vi è anche un 20% che ancora non le ha mai provate.

Andando, infine, ad analizzare il risparmio viene evidenziato come le nuove generazioni siano particolarmente attente alla gestione del denaro. Il 28% degli intervistati, ad esempio, mette da parte oltre il 30% delle entrate. E lo fanno principalmente per poter acquistare o affittare casa (54%), per viaggiare (53%), per il tempo libero (44%). Il 28%, inoltre, pensa ad accantonare denaro per avere un fondo di emergenza in caso di eventi inattesi. Solo il 12%, invece, pensa al risparmio come modalità per avere un’assicurazione integrativa.

ABITUDINI SOCIAL E CONSUMI

Sono più di 4 miliardi, il 53% ella popolazione mondiale, gli utenti attivi sui social network. E si tratta per lo più di giovani: l’86% dei ragazzi tra gli 11 e i 18 anni ha almeno un profilo, e utilizza principalmente Instagram, WhatsApp e Facebook. Per i motivi più disparati: seguire i trend degli influencer, condividere notizie, ottenere più velocemente informazioni e ampliare le proprie conoscenze. Basti pensare, ad esempio, che oltre il 50% dei ragazzi della Generazione Z preferisce cercare sui social le informazioni di cui necessita piuttosto che utilizzare i tradizionali motori di ricerca. La pandemia, poi, ha portato un ulteriore aumento della presenza sui canali social, con il principale obiettivo di garantire la socialità persa durante i mesi del lockdown. I rischi sono però elevati, sia dal punto di vista del benessere psicofisico (i ragazzi passano in media tra le 4 alle 6 ore davanti a uno schermo) sia per quello psicologico, con l’aumento di dipendenze e di episodi di cyberbullismo.

Corrono sui canali online anche i consumi. Secondo l’indagine annuale rilasciata a inizio 2021 da We Are Social e Hootsuite sulle abitudini digitali si registra, sempre complice il periodo di emergenza pandemica, un aumento degli acquisti via web e mobile. Il tasso di adozione dell’e-commerce tra i giovani di età compresa tra i 16 e i 24 anni è stato in media del 75%. Per quelli dai 25 ai 34 anni del 78%. Ed emergono anche nuove modalità di acquisto: la novità principale del 2021, sempre più utilizzata dalla Gen Z in tutto il mondo, è il “Buy now pay later”, anche conosciuto con l’acronimo BNPL, che consente di pagare a rate le spese online, selezionando questa opzione (senza interessi e spese) direttamente al momento del checkout.

L’Istituto Piepoli, ha ideato un osservatorio ad hoc sulle abitudini di Millennials e Generazione Z dal quale emerge come per attirare i primi le aziende debbano fare leva sul loro lato idealista, prendendo posizione su questioni rilevanti e dimostrando di agire per migliorare il pianeta e per avere un impatto sociale positivo. La Generazione Z, che usa in media 5 dispositivi (contro i 3 dei predecessori) e che costituisce la platea target del futuro, quella che nei prossimi anni influenzerà di più le strategie di marketing, è ancora più ecologista e acquista prodotti e servizi di brand eco-friendly. Ma non solo: chiede una comunicazione trasparente e sui social, lasciando invece alle spalle le tradizionali e costose campagne pubblicitarie. Ed è meno fedele ai marchi prediligendo principalmente quelli definiti “social media-friendly”, nei quali si riflettono e con i quali comunicano.

Anche Buzzoole, compagnia specializzata in tecnologie e servizi per l’influencer marketing, ha scelto di avviare un’indagine, in questo caso solo sulla Gen Z, per scoprire i comportamenti di acquisto. Dalla quale emerge come su oltre 4 milioni di giovani italiani tra i 18 e i 24 anni, 2 su 3 si affidi agli influencer per scegliere cosa comprare. Un acquisto viene privilegiato e selezionato anche attraverso le recensioni online, con passaparola tra gli amici e opinioni sui social network. Ed è fondamentale (68% degli intervistati) la prova in un negozio.



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