SOMMARIO
Organi e tessuti umani ricostruiti in laboratorio. E una scoperta spagnola che potrebbe portare a nuove terapie. Dopo il Nobel per la Medicina alla ricerca sulle staminali iPS (2012), gli sforzi della comunità scientifica si sono focalizzati su queste affascinanti sperimentazioni. Con una novità mondiale: a metà anno partiranno in Giappone i primi test clinici sull’uomo
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L’allungamento della vita media vede, tra le sue cause principali, i progressi della scienza nel formulare nuove cure e terapie contro malattie, traumi, difetti congeniti e invecchiamento. Un progresso che non conosce freno e che si esprime in continue esplorazioni, analisi ed esperimenti.
Molto della ricerca scientifica dell’anno appena concluso (ma anche di quello in corso), ha preso ispirazione dagli studi di John Gurdon e Shinya Yamanaka, che hanno scoperto come riprogrammare le cellule staminali adulte, specializzate in una sola tipologia di tessuto, per renderle pluripotenti (le così dette iPS, induced pluripotent stem cells), cioè immature, capaci di svilupparsi in qualsiasi tipo di tessuto. Scoperta talmente innovativa che è valsa il Premio Nobel per la Medicina 2012, aprendo alla ricerca nuovi approcci, prospettive e stimoli che hanno portato la comunità scientifica a concentrarsi su nuove e audaci sperimentazioni.
Con un aspetto fondamentale: l’annullamento dell’ostacolo etico, poiché le staminali pluripotenti indotte, essendo già adulte, sono ricavate senza toccare gli embrioni. Inoltre, trattandosi di cellule prelevate dal paziente, diminuisce in modo significativo il rischio di rigetto, che, come si sa, compromette la buona riuscita di un intervento.
E mentre i più prestigiosi laboratori scientifici sono diventati il cuore dell’esplorazione delle potenzialità offerte da questa disciplina, a metà 2014, prenderanno il via, in Giappone, i primi test clinici su uomo con staminali pluripotenti indotte.
La medicina rigenerativa continua quindi ad essere uno dei campi di maggiore stimolo e interesse da parte di medici e ricercatori, grazie alle innumerevoli opportunità e applicazioni offerte.
Ma cosa si intende esattamente per medicina rigenerativa? Si tratta di quella disciplina che studia come riparare e rigenerare tessuti e organi danneggiati da difetti congeniti, malattie, traumi o dal processo di invecchiamento, utilizzando le componenti naturali di un organismo, come appunto le staminali. Dando quindi la possibilità (futura) di curare patologie cardiache, autoimmuni, neurodegenerative (come l’Alzheimer) e ictus celebrali, si mira a ripristinare le funzioni atomiche, fisiologiche e biochimiche di tessuti e organi, deteriorate dalle cause sopra citate.
Guarda i video sulla medicina rigenerativa (il secondo in inglese)
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Medicina rigenerativa e iPS: la rigenerazione di nuovi organi
Porta la firma dei giapponesi Takanori Takebe e Hideki Taniguchi della Yokohama City University Graduate School of Medicine (Giappone), il lavoro che ha condotto alla creazione di un fegato umano ricostruito in laboratorio, partendo dalle cellule staminali pluripotenti indotte, e impiantato in un topo. L’organo è stato generato attraverso il trapianto di “gemme” epatiche (struttura base da cui poi prende forma l’organo) create in laboratorio, e fatte maturare fino a riprodurre un tessuto il più possibile simile a quello di un fegato adulto. Successivamente al trapianto, il fegato ha sviluppato il sistema vascolare, iniziando così a svolgere le funzioni epatiche umane specifiche. Nonostante resti ancora necessario verificare se il seguente approccio funzioni anche per l’uomo, Takanori Takebe si è mostrato soddisfatto, dichiarando che in futuro questo stesso approccio potrà essere utilizzato per pancreas, reni e polmoni, mentre per quanto riguarda il fegato, il prossimo passo è quello di infondere le gemme attraverso il flusso sanguigno e proseguire poi con i trial clinici. Per vedere la tecnica utilizzata su pazienti umani, occorrerà però aspettare circa dieci anni, poiché in questo caso specifico, occorre creare un’enorme quantità di gemme da trapiantare. La speranza, ha detto Hideki Taniguchi, è quella che entro i prossimi dieci anni si riusciranno a produrre organi che possano essere impiantati nei pazienti.
Guarda il video (in inglese) sulla ricerca che ha portato alla generazione di un fegato umano
Continuano le applicazioni sui polmoni, iniziate a Stoccolma per opera di Philipp Jungebluth, e prese in esame anche da un gruppo di ricercatori della Columbia University Medical Center, il quale, dopo aver raccolto cellule della pelle umana e averle riprogrammate in staminali pluripotenti indotte, le ha poi immerse in una coltura di fattori di crescita, fino al risultato finale. Si potranno così approfondire e studiare le malattie respiratorie legate a polmoni e vie aeree, sperimentando farmaci e, in futuro, costruire tessuti per trapianti. L’idea infatti è anche quella di giungere ai trapianti autologhi, utilizzando il polmone del donatore come impalcatura , su cui far crescere le nuove cellule polmonari provenienti dal paziente, evitando così eventuali problemi di rigetto.
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Giunge invece dalla Spagna una sorprendete scoperta. Riprogrammare le cellule adulte per trasformarle in staminali pluripotenti indotte, senza doverle prelevare dall’organismo, trattarle in provetta e trapiantarle nuovamente nell’organismo di provenienza: un gruppo di ricercatori spagnoli seguiti da Manuel Serrano del Centro Nazionale di Ricerca sul Cancro di Madrid, ha mostrato di ottenere medesimi risultati, se non migliori, effettuando il procedimento in vivo; la riprogrammazione, quindi, viene svolta direttamente nell’organismo vivente. La ricerca, effettuata sui topi e pubblicata sulla rivista Nature, mostra interessanti risvolti. Infatti le staminali pluripotenti indotte ottenute, appaiono più simili alle staminali embrionali, rispetto alle iPS generate in provetta, divenendo non solo pluripotenti, ma anche totipotenti, ovvero in grado di differenziarsi anche nelle cellule extra-embrionali della placenta. Anche in questo caso, le conclusioni non sono direttamente trasportabili al genere umano, ma lo studio rimane una stimolante prospettiva nella medicina rigenerativa, nella creazione di nuove terapie e nella riprogrammazione dei tessuti in situ.
La sperimentazione, pubblicata sulla rivista Nature, arriva dai ricercatori dell’Università australiana del Queensland, e aiuterà a sviluppare nuovi trattamenti per pazienti che soffrono di malattie renali croniche. È lo studio che ha portato alla creazione di un mini-rene “auto-organizzato” partendo dalle staminali embrionali, differenziate in tutte quelle necessarie per formare l’organo. Brandon Wainwright, professore, guida della ricerca e direttore dell’Institute for Molecular Bioscience, afferma che la tecnica getta le basi per bioingegnerizzare i tessuti e sostituire organi, o parti di essi, danneggiati.
Il Giappone, intanto, si prepara a dare il via, verso metà anno, al primo test clinico di iPS su veri pazienti umani, dopo l’approvazione ricevuta dal Ministro della Salute Norihisa Tamura, che ha firmato il progetto legato alla degenerazione maculare (perdita della vista) legata all’invecchiamento. Le staminali verranno preparate dal Riken Center for Developmental Biology (l’istituto di ricerca che raccoglie attorno a sé circa 3000 scienziati), partendo dalla pelle dei pazienti, riprogrammate poi in cellule della retina, e impiantate nei pazienti che soffrono di questa malattia.
Contro la cecità, anche i ricercatori dell’Università di Cambridge, hanno un ambizioso progetto: utilizzare una stampante 3D a getto d’inchiostro in grado di stampare le cellule gangliari e quelle gliali della retina, mantenendole sane e facendole crescere in coltura. Molte delle malattie che portano alla perdita della vista, sono infatti legate al calo delle cellule in questa componente dell’occhio.
Grazie a tale tecnologia, in futuro, potrebbe esser possibile produrre nuovi tessuti artificiali da utilizzare in medicina rigenerativa, per riparare la retina.
Anche il tessuto osseo e osteo-cartilagineo ha trovato campo di applicazione in medicina rigenerativa, grazie all’utilizzo di nanoparticelle magnetiche. La proposta è tutta italiana e giunge dall’Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici del Cnr e di Finceramica, società biotecnologica che produce soluzioni biomediche per la riparazione e rigenerazione dei tessuti connettivi. L’iter-medico scientifico, necessario per l’entrata sul mercato delle nuove particelle, è appena iniziato, preceduto da passaggi fondamentali, quali la valutazione della fattibilità progetto, la presa a carico del brevetto, la fase pre-clinica e, infine, la sperimentazione clinica. Le nanoparticelle magnetiche, a base di idrossiapatite, oltre al settore ortopedico, potrebbero trovare impiego anche in quello della teranostica, nuova frontiera dell’oncologia, che punta all’identificazione precoce dei tumori, con la conseguente prescrizione di terapie che distruggano le cellule danneggiate, mediante appunto l’utilizzo di nanoparticelle magnetiche.
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